E subito l’energia cambia. Galleggia vola immerge sale scroscia sorride ride ilare giocosa unica unica. Unica. Mi esalta mi vuole mi prende.
Una faccenda da Dei.
Oggi voglio guardare la mia determinazione. Mi sto rendendo conto di essere molto decisa e cocciuta. Chi non mi conosce abbastanza mi prende per una tipa fragile, insicura, poco presente, anche imbranata perché nel mondo di fuori, al lavoro, tra la maggior parte delle persone che conosco, manifesto poco la mia personalità. La maggior parte delle persone che frequento non sa come davvero la penso, né sa che ho un sito e che ho pubblicato una serie di libri. Non sa che cosa mi dice chi mi legge.
Non mi importa.
Vi dico subito – velocemente – come la penso oggi così, se volete proseguite oppure cambiate scrittore. Dopo di che tornerò alla cocciutaggine e caparbietà che mi sento di aver messo su.
Come la vedo:
Fuori non esiste Nulla se io non lo creo.
Questo Nulla citato sopra è un pieno di energia libera a disposizione. Qualcuno lo chiama etere, altri energia oscura, non so. Io la chiamo il pieno delle possibilità.
Non so nemmeno chi l’ha creata, come mai esiste, dato che fuori di me non esiste nulla e nessuno. Forse io anche questa, a questo punto.
Non mi importa nulla se chi mi legge pensa… che presuntuosa… che ego. Provate a dire quello che dico io, provate a sentire che effetto vi fa dentro, nel profondo.
Quindi, fuori non ci sono persone cose eventi case alberi macchine situazioni ieri oggi domani storia… stelle pianeti sole… situazioni esistenti per se stesse. Non ci sono esistenze oltre me.
L’inverno scorso con un mio amico, spesso, sul più bello di un dolcino, di una lettura, un caffè, una scaramuccia, un gioco, me ne uscivo con la frase:
- Tanto là fuori, non c’è nulla.
Non so perché ma lui mi scatenava questa frase e, spietatamente, gliela lanciavo. Oggi direi che: dato che ci scegliamo a specchio, l’affermazione era sua, solo che lui, a se stesso, non se la diceva, e la faceva dire a me. C’è voluto un po’ di queste affermazioni buttate là prima che si decidesse a dare una risposta. Ovvero m’ha ignorato per mesi.
Ma vedi, avevo detto nulla… è sparito.
Uh!
Me la sono cercata. Appunto io creo la mia realtà. Sono io che riprendo spesso la frase di Michael Hende
disse:
- Tutto ciò che accade tu lo scrivi.
- Tutto ciò che io scrivo accade – fu la risposta.
Non ci sono esistenze oltre me, separate da me, e indipendenti da me.
Ecco la prima, grande separazione, “pensare”, e pensare che là fuori esiste un mondo indipendente da me.
Se andate fino in fondo a questa consapevolezza lasciandola stazionare dentro di voi, vi sentite per un attimo… impazzire.
Poi accade che dovete respirare, e passa.
Quindi io sto creando ciò che ho attorno, m’intercetta, interagisce con me, che mi piace o non mi piace. Mi crea problemi, mi da leggerezza, solleva, fa stare bene, andare su su, via via nell’empireo, o che mi butta a terra, mi schiaccia, deprime, ecce cc. Io, sempre io, alla sorgente delle mie creazioni.
Che difficile entraci fino in fondo. E non ho detto tutto.
Chi arriva davanti dice, a me, quello che io mi dovrei o vorrei dire ma, siccome non me lo voglio dire, lo faccio dire ad un altro. Quello che io mi vorrei fare o non fare, ma siccome non voglio essere io a farlo, lo fazz fare da un altro. Che giri di parole.
Dura eh. Altro non si dà, sotto il sole. Pure il sole non c’è. Io, proietto fuori una parte di me, per vederla, e siccome forse dentro la percepisco come un che di .. sferico, di ruotante, ecco che proietto fuori una sfera, lassù. E siccome forse ciò che sta in me, che percepisco è bollente, fuoco, scotta, e mi dà calore, energia, tono, forza determinazione, è una parte di me che sta alla sorgente delle mie energie e che dà riferimento, centro ai miei movimenti interni, a una serie di funzioni mie.. organiche fisiologiche psichiche, ecco che l’avverto come un punto di riferimento vitale, indispensabile: il sole.
Posso azzardare che questa parte per gli egizi è diventata la dea Sekhmet… andate a vedere che tipa. Per i greci Efesto, poi Vulcano per i latini, (ma vedi tu è diventata un maschile), ma anche Zeus, Giove se la vedono con fuoco e lampi (ancora maschili), e via via.
La luna, cosa può essere la parte luna dentro di me? Luna.. voluttà, femminile, fasi, attrazione, luce, dove sta dentro di me questa dinamica proiettata fuori e fatta diventare satellite di me? Perché chiaro che, sempre io sono, Terra, anzi preferisco chiamarmi Gaia. O andiamo in altre tradizioni, altri olimpi, e troveremo gli stessi movimenti e le stesse deificazioni. Ma non vi illudete che noi oggi, molto più svegli disincantati tecnologicizzati si sia andati molto più in là, abbiamo solo sostituito quegli dei, quegli altari e rituali con altri, solo spostato la nostra dipendenza su altre parti che ci sovrastano e ci ricattano. La nostra presunta liberazione, il riscatto da forme antiquate, è solo illusoriamente, apparentemente superato. Di fatto, siamo più incastrati di prima, se non ne prendiamo consapevolezza.
Vale anche per le relazioni, i contratti di vita importanti, la psicologia, le letture dei comportamenti umani, ecc ecce… siamo ancora parecchio distanti dalla pulizia, dal scardinare arroccate visioni dell’umanità, dall’essere liberi e fecondi, allineati alle vibrazioni di Terra (e che Terra non c’è), alle sollecitazioni di un eros che può guarirci nel profondo.
Le dinamiche di spostamento, rimozione di noi stessi dalla nostra centratura e del conseguente riconoscerci in: sistemi solari, cosmogonie, dei e olimpi, ecc.. le sto raccontando da un bel po’, forse chi mi legge le prende per leggerezze e svicolamenti miei e solo miei, ok, ma questo modo di percepire la realtà (che poi realtà non si dà) m’ha fatto crollare tutti gli dei, le deificazioni, i Dio, gli altari, le religioni, i sistemi di pensiero, le ideologie, le filosofie, le medicine, le economie, … (mi trovate in altri post).
Questo spostamento di me in altro da me (ossia la concezione di un mondo, strutturato, all’esterno) che mi è stato trasmesso, insegnato, fatto doverosamente imparare a memoria, vale per me stessa e per come concepisco le parti del cosmo e per il cosmo. Parti di me che percepisco, di cui ho esperienza ma di cui non avvertivo la consapevolezza per cui me le vedevo fuori come esterne a me. A volte estranee, anche molto grandi, lontane, irraggiungibili, sempre parti di me.
È stato il rendermi conto che io sono all’origine di ogni mia creazione che m’ha fatto percepire l’illusione del tutto, la falsa speranza di poter addebitare a qualcuno fuori la responsabilità e le conseguenze della mia esistenza.
A questo punto:
- Che cosa o chi sono io?
Mah, chissà che sono io, come io.
L’unica immagine che m’arriva e che può in qualche modo dire come mi sento è: che mi percepisco come una specie di vortice che gira in continuazione, questo vortice ha la funzione di un occhio.
Ossia il vortice: vedo tante vibrazioni girare attorno ad un centro veloci, il centro essere una specie di “presenza” che guarda sempre diritto davanti a sé, e siccome sta sempre con lo sguardo – questa specie di “funzione occhio” vorticante – che gira in continuazione, sa di sé, è presente e consapevole, mentre guarda davanti a sé, mette a fuoco e là dove mette a fuoco le vibrazioni si intensificano e diventano materia, cose, strade, case corpo corpi persone spazi mappe …
Sì, la percezione della mappa del territorio è stato un altro gadget molto importante per comprendere come funziona lo strumento di creazione. Debbo aggiungere che in questi giorni il mito della Creazione della Bibbia mi rimbalzava spesso davanti. Là c’è un creatore. Sta là spiegato da secoli e secoli ma quasi mai riusciamo a coglierne la valenza e la pregnanza. Genesi, primo libro della Bibbia in cui si racconta di come un ipotetico Dio, cui vengono dati nel tempo più nomi e identità, ha creato il mondo, (Non è che le mitologie scientifiche venute dopo e che hanno scalzato Genesi siano andate molto più in là. Se si vede dietro gli schemi anche la scienza, per lo più, ancora sta attaccata ad un principio collocato nel tempo, e ad una realtà esterna e indipendente dall’osservatore).
Bene, la Genesi l’ha sempre detto: c’è un creatore. Che fa così e così. Punto. Ci racconta come fa, dice un modo. Non dà un impianto filosofico, dà una modalità di fare le cose.
“E Dio disse…
- Facciamo…”
Certo in un linguaggio diverso dal nostro. Nota che dico diverso, non di ieri. Non c’è passato, non c’è storia, tutto è un presente. Infatti Be-re’ šit, prima parola della Genesi significa “In principio” ma non nel senso che c’è stato un tempo, un inizio e che ora quel tempo-inizio non c’è, è passato.
Be-re’šit significa: ogni attimo è In principio. Ogni attimo è un in principio di creazione.
Solo che noi siamo andati a cercare un creatore e un tempo fuori di noi e abbiamo attribuito a lui tutto l’accaduto. La stessa cosa hanno fatto le cosmogonie antiche e le varie religioni. Sempre a cercare fuori, dare identità, forma a qualcosa che di fatto non esiste. Perché quelle gesta, quelle decisioni, determinazioni, intenti, scelte, attribuiti a forze fuori di noi, stanno in noi.
- Là fuori, non c’è nessuno.
Provate ad avvertire questo dalla profondità delle parole.
Per il mito biblico, Eden è la prima mappa del territorio, per altri miti di creazione possiamo andare a trovare il contesto degli accadimenti. Arkasia Kirghisia Pianeta verde diremmo con i linguaggi di oggi. E tutti a sentire dentro questa nostalgia-desiderio di Eden, di tornare all’armonia di quel giardino perso con la separazione.
Quando inizio a sentire i sommovimenti del mio aver accettato di essere – io – la sorgente della mia realtà, quell’Eden inizia a essere presente, pulsante e a modificarsi. Modificarsi non nella sua sostanza, questa sta qui da sempre e ha sempre lavorato in me, ma nell’impianto dei miei pensieri, del mio configuare il mondo in psiche. Si fa campo morfogenetico. Si fa territorio e mappa. Io in mezzo, dentro. A volte consapevole e volte persa, ma sempre più determinata a riscattare la mia piena dignità di creatore, e agirla. Essere in Eden, la mia mappa del territorio, ci sono sempre stata.
Comprendo pure che, se là fuori non c’è nulla e nessuno se io non lo creo, vuol anche dire che io posso intervenire sulla realtà, perché di fatto intervengo solo in qualche cosa di me. Dentro muoviamo le pedine.
Per prima cosa se ne va il giudizio: sia mio verso gli altri e verso qualsiasi situazione, sia, mi accorgo, mi ritrovo sollevata dal timore di… che cosa gli altri, l’altro, può pensare di me. Fine di una grande, ancestrale separazione.
Se l’altro lo sto creando io, lui fuori non c’è, quindi non c’è nessun pensiero su di me oltre il mio. Lui, fuori, non ha un pensiero, tantomeno un pensiero o un giudizio su me, al massimo lui fuori ritorna a me un mio pensiero. Oh, non è poco questo che ho detto. Significa che io posso interagire mooolto di più con la realtà perché è vero che buona parte del nostro trattenere gesti e agire è dovuto al fatto che temiamo il giudizio degli altri.
Non c’è giudizio. Se c’è giudizio è il mio che, siccome io non me lo dico, lo faccio dire, fare, all’altro. Significa anche che io mi posso muovere come voglio senza il patema… chissà che pensa l’altro di me. Questo è un giro di mentalizzazione che, di fatto, non esiste. Come abbiamo fatto in Genesi?
- Chissà che cosa Dio (io) pensa di me…
e ci siamo auto-giudicati e separati. Riconduciamo tutto in noi.
Oh, dove mi sta portando l’aver individuato che l’unico creatore di cui da sempre Genesi, Bibbia, miti di creazione, ecc indicano… sono io!
Affermazione che ciascuno di noi, singolarmente, può fare.
Questa consapevolezza mi sta trasformando. Faccio gesti, mi muovo, agisco dove prima temevo di inoltrarmi. Certo, mantengo il più possibile il rispetto per ciò che vedo fuori, ossia l’altro, questo perché conviene a me, sempre per gli specchi, dal mondo mi ritorna ciò che do. Mi permetto però di inventare un sacco di giochi nuovi con ciò che ho là fuori! Ossia le mie creazioni. Oppure farne di nuove nuove.
Innanzitutto mi viene da fare come ha fatto Dio in Genesi… darmi uno spazio sublime e armonioso: e mi creo la mia mappaaaa.
Darmi punti di riferimento, sostentamento, compagnia e una compagna o un compagno.
È tutto scritto là, l’ho scritto io quando mi sono raccontata come mi sono creata, data realtà, è tutto nella mia memoria, nel mio DNA. Certo che lo ritrovo!
Beh, intanto parto dall’ultima cosa che mi sono regalata, il compagno. Il resto mi va tutto bene, quello che mi interessa di più è il sesto giorno e quando mi son detta:
- Non non è bene che io donna… o uomo.. sia solo… ecco io mi voglio fare un aiuto a me simile.
Uhuhu!! Anima gemella!
Alla prossima