Archetipi
La Scelta è Solo Tua
Io utilizzo questi Strumenti – Archetipi – intesi come i 22 movimenti della forza .
Il mio motto
Dalla vita ho avuto tutto. Ho fatto tutto.
Della vita mi godo tutto.
.
“Non penso che tu abbia qualcosa da rivendicare. Penso che tu mostri un linguaggio ancestrale. Ciascuno ha i suoi, sono come sono, e van bene così. Per me sono scritti nel sistema limbico. Quello della sopravvivenza, per cui sono gli unici veri, autentici.
Se io – parlo di me – affermo che non c’è velo tra me e l’inconscio, è così. Per cui io sto sempre a fluttuare e viaggiare avendo solo gli occhi e tra le mani i movimenti e i linguaggi dell’inconscio, ossia della realtà. Chissà se manco c’è una realtà, e dei suoi movimenti .
Nell’inconscio non ci sono persone cose eventi. Nell’inconscio ci sono movimenti, flussi, linguaggi, nodi psichici, ecc… Queste cose contengono, ossia sono costituite da tutti quelli che – nella realtà separata della materia – sono chiamati regni: minerale vegetale…
Nell’inconscio non c’è aut aut, ma et et.
Si tratta a solo di cogliere, di movimenti e linguaggi, l’impronta ancestrale. Ciò per cui essi sono archetipi. Il fatto è che gli archetipi non sono mummie concettuali, sono vivi, cicciotelli, mobili, fluttuanti, virulenti , seduttivi.
Altro non si da e non si vive sotto il sole.
Sapendo pure che – sole – fuori – non c’è.
Da qui il mio motto:
Dalla vita ho avuto tutto. Ho fatto tutto.
Della vita mi godo tutto.
E così ho trovato ciò che – finalmente – fa la sintesi. Sintesi che porta oltre, ne verrà fuori un altro giro di spirale, sicuro.
Perché è la prima volta che, mentre conosco una situazione, uno spazio e un tempo di comunicazione vitale e piacevole, non continuo a cercare. Per cui questo sentirmi in un punto stabile, per me (parlo sempre e solo di me) m’ha fatto percepire il Tutto. Di cui sempre parlavo, ma rincorrevo. L’Aleph. – Archetipi
Mi sento piena. Abbondante e sazia.
E finalmente, ciò che dice “chi sono” è uscito.
.Questa probabilmente è anche la ragione per cui mi sono ritrovata nella nuova esperienza con i ragazzi. A osservare cosa ci sta sotto. Che cosa muove certe vite e scelte. Perché è chiaro che – ciò che muove a livello arcaico ancestrale archetipico – ha un senso. Indipendentemente da ciò che sembra nel mondo di fuori.
Quello che sta sotto è ciò che regge il mondo”.
Questo lo scambio con un mio amico.
Troverete spesso nel mio raccontare pezzi della mia vita o di comunicazioni con gli amici. Piace molto a me giocare ai massimi sistemi anche nelle interazioni di tutti giorni. Mi basta un input, un accadimento, un qualcosa che si muove e rumoreggia dentro al mio mare emozionale, e subito, mentre da una parte sono lanciata a razzo dentro a pensieri, emozioni che si ricorrono sui pensieri, attimi di sospensione che possono essere panico o autentica gioia e leggerezza, anche si apre l’altra parte, l’occhio interiore, l’osservatore.
Ossia, mentre in me tutto accade, anche in un’altra parte di me, tutto si sospende, si azzittisce e si mette ad osservare che cosa e come scorre il mondo dentro me.
Perché scrivo e pubblico questi pezzi?
Ogni volta c’è il passaggio al senso, questo è ciò che mi interessa, comunicare con le persone. Viene anche detto livello ontologico dell’esistenza e della comprensione. Molti gli input. Già affermazioni del tipo…
Altro non si da e non si vive so o il sole.
Sapendo pure che – sole – fuori – non c’è
… dicono come la penso, o meglio la percepisco. Personalmente non sono sicura che ci sia un mondo là fuori. A questo sono arrivata dopo anni di osservazione e astensione dal dire. Sì, scrivo molto, anche comunico, ma quante volte non partecipo ad una discussione o ad una spiegazione dei fatti, di quanto accade nel mondo. Oppure non mi preoccupo di spiegare il mio essere o il mio agire non sempre compreso. Non importa.
Perché, nel tempo, ho compreso molto bene che tutto dipende da come io costruisco i miei pensieri e che cosa essi contengono. Sappiamo bene che la realtà è la risultante del proiettare all’esterno, dare forma e materia, al nostro pensiero. Quando vediamo questo, all’inizio siamo presi da grande entusiasmo perché riteniamo che sia possibile e facile modificare i nostri pensieri. Tutta la new age, la PNL, la legge di attrazione, la psicosintesi, ci dicono questo e ci hanno stimolato a lavorare su pensieri e frasi per poter così modificare la nostra vita, certo in meglio.
Poi pian piano l’entusiasmo è sceso perché, di fatto, grandi cambiamenti non c’erano. Quelle svolte, quelle situazioni che tanto sognavamo, non si presentavano; la nostra autostima era minacciata, insieme alle nostre certezze.
Perché ancor più a monte, c’è un ulteriore scelta che, senza rendercene conto facciamo, e che fa la differenza su quanto pensiamo e su come creiamo la nostra realtà.
Il punto sono quei pensieri trasparenti . Lo dico nei miei libri. Non è facile arrivare ad individuarli, ma è possibile. Prendere coscienza dei pensieri trasparenti significa arrivare agli impianti, non ancora definitivi ed ultimi, ma già qui smantelliamo e ri- sintonizziamo quei livelli della psiche che corrispondono alle grandi forze e alle grandi dimensioni che siamo, ciò che gli antichi hanno definito e raccontato nei miti , in dei e dee, ciò che io asserisco essere le parte del nostro Sistema Nervoso Centrale.
Ad un certo punto dopo aver sperimentato e scandagliato inconscio e memoria e quant’ altro stava in me, sono arrivata, non so come, al limite. A quel punto è scattato un altro movimento. Non mi sono sentita più in una particolare tappa di questo risveglio, o del mio tentativo di migliorare la mia esistenza.
Mi sono, di colpo, ritrovata alla meta.
In effetti qualcosa era successo. E quando era accaduto, senza sapere il perché, mi ero ritrovata a dirmi:
“E’ accaduto”.
lo dicevo, ma non sapevo che cosa fosse accaduto. Ovvero i fatti esteriori erano piuttosto problematici, non pareva proprio quell’evento determinate che fa dire: “E’ accaduto”.
Invece. Così era.
E s’è compreso un po’ di tempo dopo. Improvvisamente stavo sulla meta. Avevo detto:
“Voglio scalare l’Annapurna, l’Aconcaua e l’Ampato”.
Per dire che ancora ne avevo da arrampicare nella vita. Improvvisamente stavo sulla vetta, non di un monte, ma di tre. Contemporaneamente.
Avvertivo pure che stavo all’arrivo, al traguardo di anni e anni di ricerca, tentativi, sperimentazioni. Fine. Arrivata.
“Ho tutto. Ho fatto tutto. Mi godo tutto”.
Ma, ora che osservo con un po’ di distacco, vedo che cosa ho innestato di nuovo: la scelta perfetta. Che cos’è?
La scelta perfetta accade quando finalmente ci si rende conto che: a monte di tutto ciò che pensiamo e progettiamo, quindi di come poi creiamo la nostra realtà, c’è un ulteriore, primo movimento che noi scegliamo ed è l’orientamento verso la positività o verso la drammaticità.
E’ una scelta fondante non solo sull’impianto sistematico del pensiero ma anche su quali emozioni scelgo di sperimentare.
Cosa scelgo di sentire.
Scelgo di pensare e sperimentare bellezza e gioia, appagamento, o scelgo di sperimentare ansia tragedia negatività e riduttività? Come imposto l’impianto dei miei files? Del come vivermi e godermi?
Alla fine la domanda è:
– Come mi sento? Come mi vedo?
– Quanta vastità e regalità mi do?
Questo il primo atteggiamento, che caratterizza, da l’impronta di fondo a tutti progetti e le scelte che faccio poi. E conseguentemente agli eventi, le persone, la quotidianità che – noi – ciascuno per se stesso – ci creiamo. Parliamo perciò di autostima, del sentire la regalità.
Ma di fatto, che cosa avevo fatto per arrivare qui?
Niente, e in questo niente c’era il togliere togliere togliere tutto ciò che per anni avevo pensato capito studiato scritto a affermato. Tutto resettato.
Come si fa? Si fermano i pensieri, le memorie, i ragionamenti. Tutto. Si fermano, sì. Non si da più energia al mentale. E’ possibile non pensare.
Da qui, i fatti mi avevano poi portato ad incontrare delle persone. Qualcosa non andava, non ci si capiva. Ma non avevo parlato. Oltretutto non mi era permesso parlare. Non mi lamentavo, non rettificavo, non tentavo di dare il mio punto di vista. Accettavo tempi, movimenti, non tempi, non movimenti . E basta.
Accettavo, perché, dato che sempre io creo la mia realtà, io mi ero creata quel silenzio. Quella a-comunicazione. Io lo chiamo “stare nell’apofatico”.
Accettata, ecco che spuntano gli essenziali. C’erano due cose fondamentali da sistemare: i due archetipi primari maschile e femminile. Certo in me, parlo sempre e solo di me, di Francesca Salvador.
Li ho applicati . Così, semplicemente. Pensavo alle alle agli Archetipi : lettere thet e kaf, femminile e maschile, ne visualizzavo la forma, le ripetevo in me e basta. Niente di più. Sì, ogni tanto ci tornavo, li richiamavo. L’unica mossa che avevo fatto era stato scriverli in un cartoncino colorato e attaccarli al mio inconscio appeso in camera. Ovvero, in camera, davanti a dove dormo c’è, attaccato alla parete un pannello di stoffa (veramente è un sari) sul quale di volta in volta, in base a ciò che sto sperimentando, attacco i miei appunti , le lettere, gli alfabeti . Dipende da che cosa sto attraversando. Li lascio là per un po’ di tempo, poi viene il giorno che li stacco. Ecco, non servono più davanti a me perché li ho ritrovati dentro.
Ecco. Solo aver fatto questo ha equilibrato la situazione. La mia, di situazione, quella interiore, quella del mio essere Thet e Kaf. Femminile e maschile integrato. In più c’erano Res – perfezione dell’umano e Hé – ciò che è vitale.
Quattro archetipi primari che dicono l’armonia e l’equilibrio della persona. Ma la scelta degli archè può anche cadere su altri, ciascuno sente i suoi.
Che Cosa Significa Tutto Ciò Per Te?
…. continua a seguirmi sul blog ……
Francesca Salvador – Archetipi
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