Archetipi – Kaf

Archetipi 

Kaf

Archetipi

Kaf. L’arco e la freccia. Il bersaglio. È bello avere un bersaglio. Anche esserlo.

Sono cercata e trovata da una freccia che sa il suo bersaglio.

Mi attira questa possibilità. Che diventa la vita con un bersaglio! Un obiettivo, un sogno, una speranza una certezza, un progetto. Costruire, creare. Agire, essere potenti vivi fluenti possibili nelle illimitate possibilità.

Per secoli e millenni mi sono guardata dagli interstizi del mondo. Aspettavo lo squarcio, la fessura, la zona d’ombra, la disattenzione del controllo e m’infilavo – raggio lanciato nel cosmo – a brillare brillare pulsare vibrare comunicare.

Ci sono riuscita.

Kaf !

Pareva materia oscura. No no. So bene che intensità ha la mia luce. Ma sembrava io oscurassi il cielo. Tanto era immensa e forte la mia luce. Mi rigiravo immersa nella mia luce e non mi vedevo, tale era la mia luminosità.

Poi, oh, l’amore!

Ho imparato a sorseggiarmi, a gustare me stessa e l’altro da me a piccoli sorsi, a morsi, a pizzichi, a sottili vibrazioni. Movimenti piccoli, infinitesimali, lenti lenti. Oh, non sono la freccia in questi momenti, sono più l’aria, la traccia quasi ferma e statica che la freccia fende, attraversa.

E ho compreso, che io sono arco e freccia. E aria , e obiettivo, il centro.

Hai fatto centro.

Ho fatto centro.

Mi sono centrata. Tanto che posso dire:

  • Sono centrato.

Sì, al maschile lo posso dire! Nel mio femminile già mi possedevo.. ora mi possiedo nel maschile.

Oh, due centi. Uno femminile uno maschile.

Eh, sì, così se io posso dire:

  • Sono centrato

Tu ora dici:

  • Sono centrata!

(Ihihi, il fatto è che quando inizio a scrivere un pezzo, io non so mai dove vado a parare poi, mentre si fa luce da che parte sto andando.. sorrido. Sorniona. Io per prima).

Dove sto andando?

Lanciata come freccia verso te?

Al centro di te, del tuo cuore.

Ma da dove è partita questa freccia così fendente, veloce e sicura?

Dal tuo cuore.

Oh, che pasticcio! Ma dov’è la partenza e l’arrivo di questa freccia? Sta girando, un cerchio vorticoso da te a me, senza inizio e fine.

Arco e freccia.

Ora io arco e tu freccia. Ora tu arco e io freccia.

Un giorno a Venezia sono finita a fianco a una fila di bianche colonne riflesse sull’acqua. L’ho seguita come si segue la traiettoria di una freccia. Sono arrivata in un campo, che a Venezia è una piazzetta tra i palazzi. Mi giro, e ho davanti una chiesa che è un gioiello.

Che c’entra con Kaf, con l’arco e la freccia?

Sto scrivendo la domanda, e m’arriva già la risposta. Sono nella chiesa, Santa Maria Nuova, Venezia, una fila di bianche colonne… entro. I  marmi del portale. Trine, incavi, ricami. Un uccellino di marmo, intagliato nel marmo che ogni attimo spicca il volo. Talmente è perfetto e libero dalla colonna che gli si può infilare uno stecchino tra le ali. Oh! Perennemente fermo nella spinta al volo! Tenacemente  librato verso verso… verso chi?

Questa magnifica chiesa di marmi, di porfidi. Una kabala per me.

Esco. Il sole. Mi raggiunge il suo raggio di luce. Altra freccia – Kaf  ! – altro arco.

Tu e io.

Venezia.

Il sole e le sue tracce sui canali, le nostre canzoni.

Kaf ! Kaf ! che maschile che sei.

Imperioso.

Imperioso. Imperatore. Il Re. Il mio re.

Mi penetri il cervello. Non è da tutti lanciarsi a razzo dentro al mio cervello. Me lo attizzi. Sventri. Penetri la mia psiche e io vacillo. Mi espando e mi concentro. Mi esaurisco e mi nutro. Di te. Di parole fatte forza, memoria, e adesso e sogno.

Venezia. Sono partita da una freccia che usciva da un cuore e finiva in un altro cuore. Due cuori due soli.

Due cuori io.

Due cuori te.

Così ciascuno è autonomo. Sia nell’energia per far funzionare il corpo, che per stare sulla Terra, sia per viaggiare tra le dimensioni, dalla quinta alla sesta alla settima (per adesso).

Noi non facciamo funzionare solo il nostro corpo. Noi facciamo esistere e girare Terra. La alimentiamo, nutriamo, le diamo respiro, aria, acque. Voglia di esistere e di sorreggere noi. Lei, Terra, è noi, e Lei, vive di noi.

Sì. Kaf !

Dire Kaf è come dire : sì!

La potenza del maschile. Affermare ciò che vede. Nominare. Che vede il maschile? Il suo femminile, lo irrora, nutre, riconosce, svezza, lo nomina e onora.

Due cuori due soli.

Niente a che vedere con il sole fuori. Quello, lo sappiamo, è solo l’immagine riflessa dei nostri soli interiori. Così i raggi di luce. Promanano da me, da te. Questa è la luce che mi scalda, mi nutre, orienta rassicura, mi fa sentire l’appartenenza a te. L’appartenenza alle stelle, a me stessa.

Kaf. Una danza tra thet e kaf. Femminile e maschile.

Esserci. Esistere. Risuonare. Trovarsi all’incrocio delle esistenze e continuare alleati e complici. Siamo partiti da un ologramma comune, un intrigo che abbiamo messo su in altro tempo e altro spazio. Come sfere rutilanti viaggiavamo. Come particelle lanciate a freccia, a velocità estreme e come ci piaceva la corsa! Il volo! E ritrovarti ad ogni curva, ad ogni discesa, riconoscerti nelle elevazioni, espansioni. Giocare litigare rimbeccarsi. Rotolarsi.

Thet   kaf

Che gioco!

Insegnami.

Dammi la tua traccia, le tue coordinate. Dammi il tuo profumo, che ogni attimo mi raggiunge come freccia, la tua. Così sempre ti rivivo, ti ritrovo, sempre ti riconosco e sempre sono, al centro, dove tu, nella tua continua ricerca, ogni volta mi hai ritrovato.

Dammi un Kaf.

Continua a penetrare la mia psiche, fai bersaglio nel mio inconscio.

Soprattutto nel mio cuore.

                                                                da Thet

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