Archetipi
Het
Ogni essere vivente ha bisogno di protezione, di riparo.
Het di-ven-ta Proteggo.
Lo so che ho scritto diventa e pure sillabato, avrei potuto scrivere … è …
Da quando ho scritto ghimel, mettere in movimento, ogni giorno di più tutto si muove, si elettrizza nel senso di darsi qualsiasi atteggiamento, forma e movimento, tutto meno che la staticità, lo stare fermo e inamovibile. Tutto si muove. I pezzi che sto scrivendo sono dinamici, i pensieri fluttuano e sta iniziando a fluttuare pure il cervello, ossia lo strumento che produce i pensieri.
Questo è il mondo quantico, Wonderland, per cui: tutto va bene.
Talmente tutto è in movimento che tutto può essere trasformato, ri-formulato.
Eheheh.
So bene dove intendo arrivare. Dove volevo arrivare.
Se voglio che le situazioni mutino, si trasformino, io – per prima – devo diventare mutazione – trasformazione.
Nessuno fuori di me può fare le trasformazioni mie, per me, per cui logico che tocca a me muovere i tasselli di energia, i file, i quantuum.
Per arrivare a muovere i quantuum devo essere quantuum.
Het – 8 – è anche il segno dell’infinito.
È anche l’otto che il mago dei Tarocchi fa agitando la sua bacchetta. Questo, del mago, è un otto tutto in movimento. Un otto magico. Cosmico.
Gli infiniti debbono essere frattalici, ossia, quando disegno o danzo un otto – infinito – debbo far uscire il movimento, non fermarmi sull’otto che ho creato. Immagino che dal centro dell’otto esca un filamento, un movimento, il mio, ed elevo o abbasso il punto in cui fisso l’inizio di un altro otto.
È importante non fermarsi sull’otto, sarebbe un movimento ed una forma chiusa, anche se lo ripeto, se torno sul segno, sempre quell’otto sto tracciando o danzando su quel determinato piano, per cui su questa determinata dimensione, situazione, su questo tempo-spazio.
Va bene, ogni gestalt deve essere chiusa, dice il livello psicologico, ma è anche vero che questo livello non esaurisce tutta me stessa. Io ho il mio senso ultimo a livello ontologico, al livello del senso. Questo livello è sempre aperto, in divenire, in espansione, in evoluzione, elevazione o inabissamento, dipende da dove sto andando dentro me stessa, e da questo dipende il mondo che mi ritrovo davanti.
Otto – otto – het – het.
Het – H – 8° archetipo – proteggo.
Ogni livello di me, ogni mia dimensione va protetta ma allo stesso tempo il proteggermi non è un chiudermi, anzi, proprio perché osservo, misuro, definisco ciò che sono oggi, mi nasce la spinta ad andare oltre.
Per cui, l’otto lo chiudo, sicuro, mi definisco, mi do il nome a questo livello, ossia nella situazione che sto vivendo o che ho concluso, dopo di che dico ai miei paletti, agli dei che sovrintendono la super-visione, la protezione, l’attenzione su me stessa,
dico:
– Grazie strutture di definizione e di protezione di me e del mio vivermi in situazione, grazie, ora però ri-formuliamoci. Lasciate, anzi date la spinta affinché io vada verso nuove formulazioni di me stessa.
Per cui, cari dei, care strutture psichiche del mio impianto, vedete che siete mobili, malleabili, vedete di fare come fanno le ossa del bacino di una donna quando deve partorire. Fanno un miracolo: si aprono, allargano i punti di giuntura, le vie di sutura tra le ossa. Sì, cari, quando io ho partorito ho permesso che addirittura il mio scheletro si aprisse e si modificasse per dare spazio alla vita, per cui, vedete voi, strutture mentali, di essere malleabili e aperte. Qui c’è molta vita da lasciar passare.
Ho detto che – io – continuo a vivere.
Eh, sembrano discorsi strani i miei, ma è proprio la parte strutturante della psiche, il mio cosiddetto “astrale”, anche detto “Archè” che deve … mollare. Di Archè, della sua natura e funzione parlo in un altro pezzo.
Archè pare stia iniziando a capire. Soprattutto a fare.
Sono io che comprendo: le mie strutture più alte sono state liberate da forme che credevo avessero. Infatti l’avevo detto in più di un post che bisognava ri-cordare il sottile e saperlo presente. Proteggo ha avuto forse una doppia funzione: di proteggere ma proprio perché protezione anche ha bloccato. Ecco, forse avevamo messo su delle protezioni alle forme in cui ci eravamo definiti fino a qui, che erano ormai blocchi, impedimenti.
Mi pare che sto parlando degli impianti di quella che è la realtà in cui siamo immersi, che percepiamo per vera ma non lo è. Ovvero, è vera ma può non essere statica. Possiamo esistere, già da adesso in mondi in cui ci stiamo dando coordinate diverse, spazi-tempi, significati, ruoli, diversi. Geometrie e direttrici diverse. Ciascuno gli dà il nome che vuole, mi viene in mente Saturno, gli arconti. Era il livello che resisteva al cambiamento (per dirla… leggermente).
Tutto scorre. Come dico nel pezzo: Dinamizzare la realtà, usare la parole come verbi e giocare a dinamizzarle, sta mettendo tutto in movimento.
Le paratie, il segno H – Het – 8 – è una paratia, ora sono aperte, e l’acqua, dolcemente scorre.
Het è anche lo scudo.
Quindi i numeri doppi vanno visti bene, possono avere due facce. Ci saranno tante cose da scoprire e far scorrere. Wonderland sempre più in fretta. Pare che io stia iniziando a penetrare un po’ di più in questo mondo delle strutture del sistema. Non è stato facile individuarlo all’inizio. È un fatto di linguaggio, ma è un linguaggio sulle forme, più che sulle parole.
La struttura Archè ha a che vedere con la forma delle lettere degli alfabeti. Con le dinamiche spazio-tempo e come si sono esplicitati, impiantati.
Nuovi significa nuovi. Ri-creati.
Avverto che tutto può essere ancora giocato. Eheh…
Pianeta Felice sta inviando le sue coordinate, sono i punti di contatto per la nuova “rete” chiamiamola così ma credo cha abbia un nome più… umano, meno legante e più elegante per dire che ci diamo dei punti di riferimento, di impianto più larghi ed elastici possibili.
Ci diamo una Het più magnanima.
Come Terrestre sono coerente, mi viene naturale, per cui le protezioni si riducono molto, forse Het prende una connotazione più di cura, di attenzione. O di disambiguazione, reindirizzamento del sistema. Giusto per tener sempre in ordine le mie centrature, le mie identità. La mia centrale collocazione in una creazione.
La protezione non è qualcuno o qualcosa che mi protegga, è la mia centratura. Il mio paradigma, la consapevolezza di me stessa. La protezione si fa da sé.
Protezione è pronunciamento di me. Più sono consapevole, più mi riconosco e confermo. Cambio l’atteggiamento da passivo in attivo. Prima avevo bisogno di essere protetta, ora mi amo, mi riconosco e confermo.
Mi esplicito.
Sono in uscita.
Sto muovendo un pensiero non più che si indirizza all’interno di me per osservare il mio stare, il mio sentire e, a volte o in alcune situazioni, soffrire. Fine fine. Ho usato la paratia – Het – una volta per tutte:
- Di qui non si passa
detto al soffrire. Non mi serve soffrire per evolvere.
Scelgo la gioia.
Sto in uscita. Il mio movimento è espando espando – Fé – espando – guarda caso archè 17, ovvero 1+7=8.
Avevo detto che dall’otto bisogna uscire in elevazione o nell’abisso. Ora scelgo la luce, verso l’espansione.
Ma vedi, e da Het continua così, espandendo, per adesso il pensiero, la mia centratura e il mio sentire verso me stessa. Allargando i movimenti, i frattali, per adesso nutro me stessa di questa energia nuova che sento. Poi da sola si rivolgerà all’esterno, sicuro.
Sto creando qualcosa di nuovo.