La forza sta in quelle Parti di noi che non sappiamo di essere.
La forza è l’energia, nel momento che diventiamo consapevoli di esserne – noi – la sorgente.
Tutti i mondi esteriori sono mondi – sorgenti di energia – dentro di noi.
Esempio: terrapiatta o sferica?
sistema gaiacentrico e eliocentrico?
Sono domande fondamentali, non tanto per sapere come è fatto il mondo là fuori ma per avere la percezione di come è fatta la nostra psiche e che movimenti essa si dà. Dentro e fuori corrispondono.
Come ci rappresentiamo il mondo fuori trova la sua corrispondenza in come noi ci sentiamo e conosciamo come entità, come psiche e che dinamiche ci diamo e attuiamo.
Ora, non è importante decidere se la Terra è rotonda o piatta, può essere, essa è questo e quello, così il sistema solare,
e le galassie? chissà come stanno messe.
Ossia, la realtà è qualsiasi possibilità. Non esiste un universo definito e statico, è solo una delle tante narrazioni. Quando entriamo davvero nella dimensione dell’osservatore, e diventiamo ciò che nell’esperimento della doppia fenditura è l’osservatore – la realtà è ciò che l’osservatore proietta fuori.
Quindi, casomai, una delle domande di senso e possibili è:
cosa ha in sé l’osservatore?
Chi – egli – è ?
Bisogna cambiare il punto di vista e quindi la posizione.
Ci siamo sempre pensati, visti e posti in posizioni deficitaria, impotente, non autosufficiente, non autonoma. Esseri, terrestri di necessità e di bisogni, dipendenti da qualcosa: il sole, l’energia, gli dei, Dio, i governi, gli altri, l’altro.
Cambiamo il punto di vista: sono una esistenza autosufficiente, energeticamente autonoma, nel “senso di me” so darmi senso e valore. Sono capace di condivisioni fiduciose e fidate, generose, costruttive.
Il punto non è … qual’è la verità fuori
il punto è: chi sono io.
Cose dette e ridette da tanti nei secoli. Ma proviamo a dirci queste cose dopo che abbiamo scrollato dal sistema tutto lo scenario astronomico esterno. Ascoltate le vostre resistenze a fare questo… ma di fatto.. si può pensare anche questo, si può pensare in ogni modo.
Il punto non è come è fatto il mondo fuori, ma come mi permetto di pensare. Posso pensare e immaginare qualsiasi mondo, sfrondando anche i presupposti più scontati e fissi.
Posso pensare qualsiasi uscita dall’impasse. I limiti ci sono solo se io voglio vederli e confermarli.
Detto e ridetto, ma il punto è solo che certi presupposti da secoli e millenni non li mettiamo più in discussione, questi ci fermano.
La morte. C’è un limite alla vita? Chi l’ha messo, meglio: posso pensare alla vita molto molto più lunga. La vita qui, con questo corpo, che continua. Mi devo solo creare progetti nuovi in cui vedermi viva. Visualizzarmi sempre in novità novità.
Posso
e ascoltare come ben altre sollecitazioni nascono dentro, che si collegano, creano una nuova trama psichica e mentale.
Creano? o sta ri-emergendo? Stiamo ricordando?
Togliere tutte le pseudo-verità, le credenze, comprese quelle talmente alla base che noi non le vediamo proprio. Perché se c’è una verità sta qua, in fondo a me, oltre tutte le credenze. E qua sotto non c’è realtà data. Ma c’è la possibilità di riformulare, partendo da una radicale destrutturazione, ogni narrazione.
Per cui: se la fonte prima di ogni energia sono le stelle e il sole
– se sono già arrivata all’insight che sole e stelle, pianeti, sono parti di me, dimensioni, dinamiche in me
– se ridiscuto il fatto che invece di essere anni luce distanti e inaccessibili stelle e sole, e soli, sono qui, in me, e quindi molto più vicini,
ecco che i corpi energetici sono qui, molto più a portata di mano.
Le narrazioni ci tengono lontano o ci avvicinano alle fonti energetiche che noi siamo.
Le risorse di energia che cerchiamo costantemente all’esterno: energia solare, elementi, minerali, cibo… affetti… e per i quali depauperiamo la Terra, le collettività, le persone, sono in noi o qui, nello spazio dell’aura.
Certo, non aspettiamoci il riscontro immediatamente. Accade ma … quanti millenni di incrostazioni stanno nella nostra psiche? Per toglierli bisogna vederli, nessuno può fare il pezzo di lavoro che tocca al singolo.
Gli archetipi fanno questo, portano a questa consapevolezza.
Ci staccano dalle narrazioni, ce le fanno vedere. Ci fanno toccare il fatto che… ce la stiamo raccontando.
Da questo momento non alimentiamo più teorie, scienze, religioni, visioni del mondo, ma ci rivolgiamo a noi stessi e i nostri strumenti.
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