Energia e massa infiniti
Energia e massa infiniti – 9° L’eremita
L’eremita non lascia andare.
Il pazzo ama.
Ecco perché si toglie dal mondo pur di non lasciar andare la sua creazione
La ama.
Dove
come
può il creatore lasciar andare la sua creazione?
Si toglie dal mondo, dal rumore e ama
nutre di ogni sua energia la sua creazione.
Che c’è di più avvincente al mondo che essere e godersi la propria creazione. La creazione va contemplata. Osservata gustata dall’alto, dal fuori di lei stessa, mentre si è totalmente lei. Come pronome uso il personale per indicare la creazione. Non c’è una creazione, c’è “la creazione”. Ogni volta è così. Anche “ogni volta” non significa che passiamo da una creazione all’altra, anche sì, ma soprattutto ciascuna è “la creazione” perché questa del creatore è un’esistenza sempre in espansione, per cui non facciamo più creazioni allo stesso livello, ogni volta alziamo il livello, come dire, ci estendiamo in un’altra dimensione, per cui ogni mondo cui approdiamo, nell’essere la creazione, è unico. Nuovo e unico.
Alef – yod – res
1 – 10 – 20
Energia energia. Una creazione non chiede un tantuum di energia. La creazione chiede tutta l’energia, esige tutto ciò che sono.
Mi tolgo dal mondo.
Certo. Io sono, io voglio la mia creazione. Solo questo c’è.
Io, ora, qui, non sono questo e altro; questo o altro. Sono questo. Solo questo so, comprendo, penso; solo a questo mi tendo, di questo mi curo, in questo mi vedo.
Le parole nella creazione sono scelte uniche insostituibili. Devono fare i fatti. Il fatto è “prendere materia”, no prendere della materia dall’esterno, prendere come diventare, di ven ta re la propria creazione, diventare pensiero particelle atomi molecole sistemi persone situazioni. La mia creazione prende il volo, che è un s’inabissa nella concretezza del qui e ora.
Ho già scritto tutte queste cose, le dinamiche della creazione, nei miei libri. Qui sto centrando l’osservatore. Colui che si mette il sogno, il progetto davanti e lo fa esistere. Vedi caso l’osservatore è eremita. Si toglie dal mondo affinché la sua creazione gli accada tra le mani. E lui se la goda.
Eremita, che ha lasciato tutto. Ha percorso la sua scala di Giacobbe, sostato e osservato il mondo da ogni piolo. Ad ogni piolo mondi che s’aprivano, rivelavano la loro facciata, la loro illusione, e sotto l’illusione, una volta scelto di sostare a fare il punto al di là di ogni resistenza, di ogni tensione e fatica, ecco, là all’altezza di ogni piolo oltre l’illusione, un universo di materia pensante e creante si svelava e si metteva tra le mani dell’eremita. Che planando con lo sguardo si godeva il suo livello di ascesa, che è una discesa nei suoi abissi interiori, ecco, là, aperto lo sguardo tutt’intorno e visto se stesso nelle sue creazioni, egli, l’eremita, alzava di nuovo il piede, protendeva il passo verso il piolo successivo. Elevarsi sulla scala, alzare l’energia pulsante della colonna vertebrale, puntare, poiché si sa, sei sente dentro, puntare ai livelli più sottili. Dove en sof, en sof or, all’altezza dall’ultima sephirot, corrispondono e fanno uno con malkut. Dove malkut si apre perché s’è in en sof, en sof or. Possedere la scala di Giacobbe, possedere la propria colonna vertebrale, essere zohar, essere l’uomo, la donna così come sono stati pensati, generati dal loro stesso essere “eremiti di se stessi”. Dei di se stessi e dei mondi.
Per aprirsi, darsi e godersi un nuovo mondo di corpi integrati.
Dove “corpo” dice tutto ciò che l’essere umano è nelle sue molte dimensioni.
Energia e massa infiniti