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Archetipi – 12 – L’appeso
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dalla città.
Sono arrivata al momento giusto e ho detto le parole giuste.
Le parole che han fatto chiarezza e guarito.
La guarigione è la danza dell’energia pulsante.
Detto da uno che se ne sta appeso a un albero a testa in giù?
Appeso Appeso. Non ti lamentare, non te la prendere, sei tu che continui a scegliere di stare così.
Io continuo a scegliere di stare appesa, dondolare, vacillare, stare su due scarpe, nemmeno i piedi per terra, col sangue alla testa. E impotente nei movimenti e nelle scelte.
Appesa Appesa. Che ci sto a fare qui. Nessuno m’ha appeso, m’avrebbe appeso con la testa nel cappio. Questa è una via di mezzo, una situazione di comodo.
Che ci sto a fare qui. Cos’è questo fatto di guardare il mondo dal contrario?
Che utilità può avere? Din don din don.
Era così fino a poco fa. Ora sono scesa dall’albero, ho sciolto il nodo, mi sono girata testa in su e piedi a terra – Hé – 5° archè – l’Hallel – l’uomo con i piedi radicati a terra e le braccia al cielo che benedice e ringrazia. Sto. A terra, contenta di essere terrestre. Mi occupo di casa, cibi, bambini. Prendo il sole e nuoto. Scrivo poco, e solo quando ho sperimentato. Sono felice. Sento l’energia e sto, sto ad ascoltarla. Gustarla ringraziarla e benedirla, farle spazio affinché scenda qui sempre di più.
Ha un modo strano per scendere o scaturire qui questa energia fantastica. Lei scaturisce se trova chi ci crede e chi l’accoglie. Chi l’attira, in fondo. Secondo me, uno che sta appeso è uno che attira, sì perché sta in una posizione scomoda, sempre in cerca di un equilibrio, per questo attira a sé energie di miglioramento.
Equilibrio? Quando arrivo a dire.
- Anche questo non ha senso.
- E non lo ha questo e quest’altro.
Stavo, distesa, mi passavano molte cose e situazioni davanti, anche percorsi di vita, di conoscenza, consapevolezza e risveglio. Luoghi persone. Tutto si scioglieva. Tutto perdeva la presa dentro di me. Nessuna cosa reggeva il senso di verità, di funzionalità.
- In fondo… – mi dicevo – ancora nessuno è uscito da questa palla, dalla Terra.
Un modo di arrivare in fondo all’illusione perché so bene che non è così. Sta scritto in molte parti nel mio sito e nei miei libri. Ma quale palla, ma quali sfere di Terra e pianeti e sole. Che teatrino.
Non mi dilungo su questo. Certo che me ne stavo appesa. A osservare. Non era il caso di fermare i piedi in queste illusioni. Certo che me ne sto appesa, ancora non so bene in che cosa consiste la materia né quella di fuori né quella che sono in ciò che vedo e tocco di me, né so come funziona dentro. Ho percezioni diverse di me e della realtà, quale realtà? Dico solo:
- Ho percezioni diverse. Altre.
Stiamo a vedere, quando posso osservo. Ossia scruto dentro ciò che mi appare davanti se avverto una qualche tensione e interesse, se avverto che dentro a ciò che mi arriva davanti c’è un minimo di “senso” di qualcosa che mi fa dire:
- Qui è il caso di soffermarsi.
Altrimenti resto dove sono, vado per la mia strada, ossia, mi don do lo.
Non mi interessa più nemmeno dire ciò che sperimento e che vivo. Sono appesa, io, che vuoi che mi possa interessare degli altri. Che vuoi che per altri, di me, possa essere interessante. Al massimo potrei comunicare con qualche altro appeso, giusto per il fatto che almeno condividiamo questa scelta così radicale. Ma non è necessario questo. Appesi è comunque una posizione da single.
Questa sfida la faccio quasi tutti i giorni. La mia mente feroce trova in continuazione appigli per andare a scovare refusi e irrisolti dentro di me, me li mette davanti come se io avessi un problema da risolvere, un nodo emozionale da sciogliere, una colpa da dire e espiare, un dovere verso me stessa e il mondo da adempiere. Oramai ho capito che anche questi sono teatrini. Le relazioni nei loro modi di organizzarsi e svilupparsi; i miei ricordi quando ne vedo errori, mancanze, cose che gli altri non mi hanno dato o che io non ho fatto e dato. Doveri sociali economici legislativi tasse adempimenti emolumenti, ecce cc… formazioni, lavoro, fare fare esserci esserci rispondere dare dire motivare giustificare render conto… edddai!
Ecco perché ho appeso il mio cosiddetto corpo al palo. Stiamone fuori! Intanto fuori, poi si vedrà. Quando tutto questo mondo di parassiti e zecche sarà sparito da davanti ai miei occhi. Io staccandomi dal mondo solo questo voglio: farlo sparire, per me. Che di tutti gli altri non me ne importa. Ciascuno s‘ingegni a far sparire il suo pseudo-mondo di matrix. Qui c’è solo il singolo, l’osservatore che ciascuno è in se stesso che può farlo.
Io per me, rispetto al mondo del daffare, dell’ingegnarsi a sopportarsi in matrix, me ne sto appesa. Intanto, per il mio modo migliore, quello che già mi vivo, uno, un altro da me, appeso, c’è, e con lui ci dondoliamo benbene.
Abbiamo solo il tempo scandito dal nostro dondolare sincronizzato, e così comunichiamo.
Ehehe. Ecco, rido io stessa mentre scrivo. Non so mai dove vado a parare quando scrivo… ehheh.
Tempo fa ho detto le cose dalla mia posizione ribaltata, o forse ho detto la frase giusta, forse l’ho detta ribaltata, anzi questo mi sa che sì, ero ben sottosopra quando l’ho detta, e un… appeso, anche lui per il piede, s’è fatto sentire.
Bene. Ora ho da fare, comunicare a testa in giù con il mio simile.
Impiccàti impiccàti. Appesi appesi. Partendo da qua, cosa si può dire, cosa stiamo mettendo in scena e sperimentando? EhEh. Ci divertiamo.
C’è stato il momento in cui ci siamo rivoltati e abbiamo toccato:
- Terra!!!
Da Terra, il cuore – il corpo, da qui vi sto parlando 8 08 2017
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